The Martian - Il sopravvissuto
Recensione a
cura di Costantino Becattini – 1°G
Scheda del film
Genere: fantascienza, drammatico, avventura
Regia: Ridley Scott
Paese di produzione: Stati Uniti d'America (2015)
Durata: 141 min
Sorgente letteraria: L’uomo di Marte di Andy Weir
Principali premi: People's Choice Award al miglior film drammatico
Interpreti e personaggi: Jessica Chastain - Melissa Lewis; Matt Damon - Mark
Watney (astronauta sopravvissuto); Chiwetel Ejiofor - Vincent Kapoor
BREVE INTRODUZIONE AL FILM
Il film è ispirato ad uno degli obiettivi più ambiziosi dell’esplorazione
di Marte, ossia l’invio di esseri umani sul “vicino” pianeta, ed è basato sul
romanzo L'uomo di Marte di Andy Weir. Ne è protagonista l'astronauta
Mark Watney, interpretato da Matt Damon, che, erroneamente creduto morto, viene
lasciato su Marte. Il racconto percorre la sua drammatica lotta per la
sopravvivenza e gli innumerevoli sforzi per salvarsi e tornare sulla Terra.
Il film illustra in termini di Fantascienza l’enorme progresso
tecnico-scientifico realizzato nei pochi decenni dai primi passi dell’uomo
sulla Luna nel 1969 con la missione Apollo 11 della NASA, risposta americana
all'invio del primo uomo nello spazio sul satellite artificiale sovietico
Vostok 1 nel 1961.
Allo scatenarsi di una violenta tempesta di sabbia su Marte, nella zona
dell'Acidalia Planitia, l'equipaggio della missione NASA Ares 3 è costretto ad
abbandonare la base e ripartire per tornare sulla Terra, ma l'astronauta Mark
Watney viene colpito da alcuni detriti della tempesta, rimane separato dalla
squadra e viene dato per morto.
Ma Watney è sopravvissuto e ora si ritrova solo sul pianeta ostile. Con
scarse provviste, Watney deve attingere al suo ingegno, alla sua arguzia e al
suo spirito di sopravvivenza per trovare un modo per segnalare alla Terra che è
vivo. A milioni di chilometri di distanza, la NASA e un team di scienziati
internazionali lavorano instancabilmente per cercare di portare "il marziano" a casa, mentre i suoi
compagni cercano di tracciare un'audace, se non impossibile, missione di
salvataggio.
APPROFONDIMENTI e possibili
interrogativi
L’Associazione no profit “Scienza e Scuola” (https://www.scienzaescuola.eu),
per approfondire alcuni aspetti emersi durante la proiezione del film, con il
contributo di studenti, docenti, ricercatori ed esperti ha promosso un
dibattito basato sui seguenti spunti:
Ø Stato dell’arte della
tecnologia dell’esplorazione umana di Marte e in generale dello spazio;
Ø Aspetti scientifici da
comprendere e tecnologici da affrontare e risolvere affinché un essere umano
possa mettere piede su Marte;
Ø Obiettivi a medio e
lungo termine;
Ø Cosa non ha funzionato
durante l’atterraggio del lander Schiaparelli;
Ø Tempeste di polvere su
Marte: ricorrenza e rischi connessi.
Alcuni passaggi fondamentali del dibattito riprendono la relazione della
giornalista scientifica Anna Lisa Bonfranceschi (La Scienza di
“Il sopravvissuto”, www.wired.it 2015):
Tempeste di sabbie: quanto sono reali?
Cominciamo dall’inizio, con la tempesta
di sabbia marziana con cui si apre anche il film di Scott. È realistica?
Abbastanza, assicurano gli esperti, anche se i suoi effetti non sarebbero
così disastrosi. Su Marte
ogni anno si verificano delle tempeste
moderatamente grandi, che si sviluppano su aree estese quanto i continenti
interi, spiega
Michael Smith del Goddard Space Flight Center della Nasa (Greenbelt, Maryland),
tanto da essere viste a volte anche dai telescopi da Terra. Più raramente
invece si manifestano delle enormi tempeste di sabbia, aggiunge il ricercatore:
“In media, una volta ogni tre anni marziani (circa cinque e mezzo anni
terrestri), le tempeste ‘normali’ crescono in tempeste di sabbia che circondano
il pianeta, che di solito chiamiamo ‘tempeste di polvere globali’ per
distinguerle dalle altre”.
Il vento sollevato da queste
tempeste però, aggiungono gli esperti, difficilmente potrebbe danneggiare le
attrezzature meccaniche utilizzate durante una missione marziana o strattonare
con forza il suo equipaggio, raggiungendo al massimo circa 100 km/h: meno della
metà dei forti venti che soffiano durante gli uragani sulla Terra (che arrivano anche a 250 km/h).
Ma soprattutto va considerato che su Marte l’atmosfera è densa circa 1/100 di
quella terrestre e la pressione atmosferica è molto minore. Quindi più che
venti devastanti con forze di un uragano in stile The Martian su Marte non avremmo che delle leggere brezze, avvertono
gli esperti. In altre parole, anche se veloci i venti non riuscirebbero a
muovere abbastanza masse d’aria per procurare danni alle attrezzature. Su
Marte anche solo far volare un aquilone o far sventolare una bandiera,
continuano gli scienziati, richiederebbe che il vento soffi molto più
velocemente che sulla Terra.
Se la forza dei venti in sé non rappresenterebbe un vero problema per
eventuali equipaggi e attrezzature su Marte, la polvere sollevata dalle tempeste – anche quelli di piccola
intensità – invece lo sarebbe. I granelli di sabbia, infatti, son debolmente elettrostatici e si possono
attaccare facilmente alle attrezzature, causando problemi se si inseriscono
soprattutto negli ingranaggi di parti in movimento o sui pannelli solari. Sia le particelle che si depositano sui pannelli
che quelle che rimangono sospese possono, infatti, ridurre la quota di energia
luminosa che va a ricaricare le batterie, e l’immagine di Mark Watney, il marziano Matt Demon, alle prese con le attività
di pulizia dei pannelli solari, be’, continuano gli esperti, potrebbe essere
uno scenario alquanto reale in futuro. Non è da escludersi poi che grandi tempeste di sabbia arrivino ad
oscurare la superficie luminosa, sebbene in tal caso la tempesta stessa
starebbe per finire. A innescarle, infatti, è proprio la radiazione solare che
riscalda l’aria a contatto con il suolo, che tende a salire portandosi dietro
anche particelle di polvere. Non a caso, infatti, le tempeste si verificano più
frequentemente durante le estati nell’emisfero Sud, in cui il pianeta qui è
sensibilmente più caldo.
Si può passeggiare su Marte?
John Logsdon, ex direttore dello Space Policy Institute alla George
Washington University al riguardo è chiaro: la ridotta gravità di Marte (pari
circa a un terzo quella terrestre) impedirebbe agli astronauti di camminare normalmente
(per capirsi: come sulla Terra) sul pianeta rosso. Più che una camminata, come
mostrato nel film, su Marte sarebbe più realistico muoversi un po’ come sulla
Luna: più o meno saltellando.
Il problema delle radiazioni
Gran parte delle tecnologie mostrate nel libro e nel film non sono pura fantascienza: sono realtà a cui
la Nasa sta già lavorando, sono solo più efficienti di quelle attuali magari,
per stessa ammissione di Weir. L’unica tecnologia inventata dall’autore, come
egli stesso racconta, è la schermatura alle radiazioni di
Hab, il modulo abitativo. Al momento – sebbene alla Nasa siano diversi i test su
alcuni materiali ad elevato potere schermante e si stia pensando di costruire
anche dei campi elettrici e magnetici per creare una bolla schermante
al pari della magnetosfera terrestre – la sfida contro le radiazioni non è
infatti ancora vinta. L’esposizione alle radiazioni (onde o particelle che trasportano energia e che
possono attraversare la pelle danneggiando il dna e le cellule nel complesso)
è, infatti, un problema importante nella valutazione delle
missioni spaziali. Quelli a bordo della Stazione spaziale sono protetti ancora
dalla magnetosfera terrestre – e comunque tutelati dalla loro continua
roteazione – ma su Marte? Qui l’assenza praticamente di atmosfera e di campo
magnetico esporrebbe gli astronauti a un rischio non indifferente, sebbene
qualche tempo fa le analisi compiute dal rover Curiosity abbiano
ridimensionato l’esposizione alle radiazioni. Il problema però
della lunga permanenza sul pianeta va sommato al rischio sperimentato
durante il viaggio. L’esposizione, durante l’intera missione, alla radiazione
solare (per lo più protoni) e ai raggi cosmici (protoni, elettroni
ma anche nuclei atomici ad elevata energia), comporterebbe probabilmente
infatti dei problemi di salute, quali un maggior rischio di cancro e danni al sistema nervoso.
Fattorie sul pianeta rosso?
Per poter sopravvivere, in carenza di scorte alimentari, Watney comincia a
coltivare patate (concimandole con le sue stesse feci). Su Marte. Fantascienza?
Non tanto. Secondo l’astrobiologo Thomas McCollom della University of Colorado
di Boulder il terreno marziano potrebbe essere utilizzato per far crescere
delle piante, magari dopo averlo trattato così da rimuovere sostanze dannose
come i perclorati (di nuovo avvistati su Marte) e il perossido di
idrogeno. Il suolo infatti sarebbe chimicamente adatto e, per esempio,
conterrebbe azoto in una forma biologica utilizzabile. L’acqua invece
sarebbe disponibile come ghiaccio nel sottosuolo e basterebbe scaldarla
per utilizzarla (se presente, quella in forma liquida è molto salata e
disponibile solo in alcune zone per periodi limitati). Meno complicato, e forse
anche meno rischioso, che ingegnarsi per produrre acqua dal combustibile
(idrazina), come fa Watney.
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Bibliografia
Weir Andy, “The Martian”, U.S.A. Crown Publishing, (2014);
Bonfranceschi Anna Lisa, “La Scienza di <<Il sopravvissuto>>”, Wired.it (2015).
Sitografia
Cinescienza, The Martian – Il sopravvissuto, https://www.scienzaescuola.eu/index.php/scienza-moderna/cinescienza/82-cinescienza/337-gattaca-2;
Bonfranceschi Anna Lisa, “La Scienza di <<Il sopravvissuto>>”, www.Wired.it (2015).